Monte Tino (anche Serra di Celano, 1924 mt)


Durante l’escursione sulla lunga cresta del Sirente di poche settimane fa l’ho avuta davanti agli occhi per quasi tutto il tragitto; l’antico desiderio di farla diventare meta di un’escursione si è rifatto forte; l’occasione giusta per passare dal progetto all’azione l’ha creata l’ennesimo week end di questa bizzarra piovosa stagione a rischio temporali. Il meteo dava per questo sabato una finestra di tempo stabile giusto per la mattinata, il tempo necessario per andare e tornare verso la cresta della Serra di Celano. Bastava una sveglia anticipata, mettere in preventivo non più di cinque ore di cammino e rientrare alla macchina non più tardi delle 14.
Così è stato. Alle sei del mattino la campagna romana era percorsa da sottili striature di condensa, il cielo assolutamente privo di nubi; alle otto meno venti l’aria fresca di Ovindoli ed il cielo terso avvaloravano tutte le aspettative del meteo e delle nostre speranze. Superato il centro del paese di Ovindoli, salendo da Celano, subito dopo aver preso la discesa che conduce sulle piane verso Rovere si prende a destra verso il parco giochi in direzione Val D’Arano; raggiunto il parco si prende a ancora destra, i cartelli per la Serra di Celano sono evidenti. La si percorre tutta fino ad una decisa curva che vira verso destra al centro della quale si prende a sinistra, un cartello con l’indicazione del sentiero 11 per la Sera di Celano non potete mancarlo, per una sterrata ampia e percorribile fino a che non si trova uno spazio a lato della strada per parcheggiare, non più in là di una sbarra perennemente aperta ( è un consiglio, vedrete che in tanti la oltrepassano almeno fino alla fonte). La Serra di Celano è già in vista, lontana ma già bel dettagliata, la davanti le piane della Valle dei Curti, che lentamente salgono, accompagnando lo sguardo verso la nostra montagna dal vago sapore dolomitico.
La sterrata è in leggerissima  pendenza, l’aria è fresca e piacevolissima, il passo si fa ben presto sostenuto, Marina non si fa pregare e trotta veloce. In mezz’ora si raggiunge la Fonte dei Curti, il getto dell’acqua è copioso, non potrebbe essere diversamente in questa stagione che ha nevicato fino agli inizi di Giugno. Subito dopo la fonte, la carrareccia si fa a tratti più tortuosa, leggermente più ripida e molto più scolpita dagli scoli dell’acqua e dalle evidenti tracce di pneumatici. Sfiora il boscoso Monte Faito e lentamente  si inoltra all’interno della Valle dei Curti, una meravigliosa, ampia valle che lentamente sale verso l’omonima Serra dei Curti, la cresta erbosa e tondeggiante che delimita l’orizzonte davanti a noi. La carrareccia raggiunge un piano, compie un’ampia curva sulla destra e si perde nella piccola valle sottostante, in prossimità dello stazzo ben evidente poche centinaia di metri più avanti. In prossimità dello stazzo le tracce di un recinto ormai in disuso sono più evidenti, a fianco scorre il sottile sentiero che vira a Sud lungo la poco marcata scarpata al centro della Valle dei Curti. Le tracce del sentiero che a tratti si perdono, le sparute bandierine bianco rosse disseminate sulle poche rocce quasi del tutto coperte dai rigogliosi prati e dalle copiose fioriture, la linea di scarpata e soprattutto l’evidenza del percorso conducono senza problemi verso il limite della Serra dei Curti. Siamo all’interno di un ampio, poco profondo imbuto; verso Ovest ci accompagna la sagoma sempre più bella, più imperiosa mi viene da dire, della Serra dei Celano, una montagna modesta se si guardano i numeri ma dalla cresta sinuosa, verticale ed elegante. Viene in mente il versante che sale da Celano, quello che inevitabilmente cattura lo sguardo quando si percorre l’autostrada da e verso Pescara; stessa eleganza ancora più accentuata da un dislivello triplo, e da una pendenza ancora più audace. Davanti e verso est l’orizzonte è delimitato dalla dolce sagoma della Serra dei Curti, la si raggiunge in meno di 2 ore; una volta sopra la Serra, di fronte leggermente ad est, si impone  la tondeggiante mole gibbosa del Sirente, già prima delle dieci del mattino assediata dalle prime nubi; sotto, il profondo taglio delle Gole di Celano che si aprono nell’immensa e suggestiva piana del Fucino; inevitabile non pensare all’antico lago.
No ci rimaneva che percorrere i dolci crinali fino all’attacco roccioso del Monte Tino, inizio della cresta a Sud del monte. Il prato si dirada ed affiorano rocce, il sentiero si fa breccioso e ripido, una bandierina a cerchio esagera nell’annunciare un sentiero che secondo la convenzione si fa adatto ai soli escursionisti esperti. Solo i primi tratti sono ripidi, poi il sentiero si inerpica con svolte regolari e senza difficoltà fino a raggiungere in pochi minuti la cresta sommitale, dove lo sguardo domina l’intera valle del Fucino fino al Viglio e al Monte Cornacchia. I tetti di Celano sono sotto di noi, l’esposizione c’è ma non si fa sentire, il sentiero è sicuro ed ampio anche se i pratoni che scendono sono decisamente ripidi. Alcuni passaggi in cresta, mai difficili e raggiungiamo le croci di vetta, la principale è di dimensioni ragguardevoli, tanto che per tutto il tragitto è stata sempre ben visibile, ed è ancorata con tre grossi tiranti, segno che i venti impetuosi frequentano speso questa audace vetta. Il panorama è vastissimo, immenso; sfioriamo i 2000 metri, per la precisione siamo a quota 1924 metri e la piana del Fucino è verticalissima per più di mille metri la sotto; verso Nord la Magnola ed il gruppo del Velino, lontano ad Sud-est il Gran Sasso e più vicina l’infinita cresta del Sirente. Alla faccia della variabilità di questi giorni c’è calma assoluta di vento in vetta; l’aria è piacevolmente fresca; uno di quei momenti che è facile definire perfetti e dove è facile abbandonare lo sguardo nell’infinito panorama. Rimaniamo in vetta per più di mezz’ora, fin tanto che le prime nuvolaglie sfrangiate e umide iniziano a risalire dalla Gola di Celano. Ci ricordiamo delle previsioni meteo che ci davano un tempo limitato e Marina, prima che non si vengano a creare le pericolose colonne verticali di nubi temporalesce, spinge per ripartire verso il basso; a malincuore lasciamo quella vetta meravigliosa che non ha assolutamente deluso le nostre aspettative e che ci ha regalato momenti di rara serenità.
Pochi minuti e siamo di nuovo alla base della montagna, lo stesso tempo che impiegano le nuvole a dileguarsi; falso allarme.
La discesa è veloce, defaticante, dominata da fioriture incredibili per il periodo; all’incirca per lo stesso percorso dell’andata in meno di un’ora e mezza ritorniamo alla macchina, programma rispettato, pioggia scongiurata.
Per la stessa vetta un sentiero ripido e difficile, solo per escursionisti esperti, sale da Celano, chi vuole sentir scorrere adrenalina ha questa opzione; ma per chi vuole fare una escursione che ha il sapore di una lunga passeggiata, piena di colori, di fiori, di viste spaziose per raggiungere una cresta dal vero sapore di montagna, l’escursione raccontata non ha di meglio.
Ad aspettarci, per chiudere degnamente una giornata di montagna piacevolissima, la squisita accoglienza di Giorgio e Patrizia, la loro deliziosa casetta di montagna in quel di San Panfilo all’Ocre ed una scorpacciata di deliziosi arrosticini; per loro la passione della montagna è andata oltre ed è diventato amore per il territorio d’Abruzzo.

Riferimenti : Carta del Velino Sirente, Ed. il Lupo, sentiero 11.